La contrada è tagliata in due dalla Via delle apothecae, o botteghe, oggi Corso. La parte più consistente era costituita da vaste aggregazioni popolari, dai “borghi” perchè proprio qui stazionarono più numerosi gli abitanti delle comunità straniere che nel XIII° sec. aumentarono in maniera considerevole la popolazione della città: gli Ebrei, i Bergamaschi, gli Albanesi, e gli Schiavoni richiamati a Fermo dal riattivarsi del porto. Nel Catasto di San Bartolomeo ritroviamo documentati gli stanziamenti delle comunità straniere, dei gruppi familiari più antichi e il protrarsi delle attività lavorative che resero la zona prettamente mercantile. Le abitazioni con botteghe di molti maestri artigiani provenienti da altre città formavano un isolato di borghesia benestante.
Tra le attività tipiche dei borghi e della piccola borghesia artigianale spiccavano quelle dei mulattieri, dei barbieri e dei sarti: attività repellenti che dovevano essere svolte lontano dal centro: pescaria, beccaria o platea porcorum (mercato degli animali a Piazzale Azzolino), conce o scorticatoio (Via delle Conce), gualchiere o lavorazione della lana (zona dell’Orzolo adiacente a San Bartolomeo).
Attività tipica del borgo era infine quella di Giosuè tintore, uno degli ebrei di San Bartolomeo. Tra i nomi di quelli che esercitavano piccole imprese di commercio e avevano una loro proprietà tassabile era Caterina la fornaia.
Negli agglomerati urbani del borgo numerosi erano gli orti che, unendo le case, erano punto di contatto tra gli abitanti. La famiglia Rosati, che ha sempre avuto residenza a San Bartolomeo, assunse grande rilevanza nella vita cittadina non solo attraverso il suo prestigio intellettuale ed economico, ma anche attraverso un’accorta politica patrimoniale.